Appello del Comitato Nazionale contro il nucleare



Il 12 e il 13 giugno liberiamo l’Italia dal nucleare

 

Abbiamo tutti l’opportunità di dare al Paese un futuro nuovo.

Il governo teme l’opinione degli italiani e sta facendo di tutto per impedire che si esprimano col referendum. Prima ha negato l’accorpamento con le amministrative (caricando così la spesa pubblica di ben 400 mln di euro), poi con la moratoria-truffa vorrebbe farci credere che il referendum è inutile. Non è così!

Oggi abbiamo la grande occasione di chiudere definitivamente l’avventura nucleare e aprire una nuova stagione energetica.

Noi non abbiamo le risorse finanziarie e mediatiche dei grandi operatori energetici e della lobby nucleare. Non possiamo fare campagne pubblicitarie da milioni di euro. Noi abbiamo due sole grandi forze: i fatti concreti della storia che ci danno ragione – da ultimo il dramma che sta vivendo il Giappone – e il grande numero di persone che non vogliono per sé e per i propri cari un futuro nucleare e che oggi si possono mobilitare strada per strada, sul web, con le radio e le tv locali. Una grande squadra al lavoro in ogni città, in ogni quartiere, in ogni paese per convincere gli italiani ad andare a votare il 12 e 13 giugno per fermare il nucleare.

In queste settimane siamo tutti rimasti sconvolti dal dramma degli abitanti del distretto di Fukushima, costretti ad abbandonare chissà per quanti anni le proprie abitazioni. Per i milioni di cittadini di Tokyo che ancora oggi vivono sotto l’incubo degli effetti nefasti della radioattività, per i valorosi che stanno sacrificando la propria vita per tentare di impedire che il disastro assuma dimensioni catastrofiche. E’ lo stesso copione di Cernobyl, eppure ci troviamo nel Paese più tecnologico del mondo, che comunque non è riuscito a garantire ai propri cittadini la sicurezza dal rischio nucleare. Il motivo è semplice: oggi non esiste tecnologia in grado di farlo.

E il nucleare non è pericoloso solo in caso di incidenti, lo è anche nella gestione ordinaria, come dimostra lo studio epidemiologico fatto realizzare dalla Repubblica Federale Tedesca, che ha verificato un’incidenza di leucemie nei bambini sotto i cinque anni che abitano entro i 5 km dalla centrale di 2,2 volte superiore alla media nazionale.

Ma ciò che è davvero inaccettabile è che il nucleare rappresenta un rischio del tutto inutile. Basti pensare che sommando l’energia elettrica prodotta dal fotovoltaico e dall’eolico dal 2009 al 2011 all’energia risparmiata in questi tre anni grazie alla detrazione fiscale del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici si raggiunge la stessa quantità di energia elettrica che sarebbe prodotta da tre centrali nucleari EPR, come quelle che si vorrebbero costruire in Italia. Se non bastasse, il Paese ha oggi una potenza elettrica installata di più di 110.000 megawatt, mentre il picco di consumi prima della crisi, nel 2007, non ha superato i 57.000 megawatt. Tanto che persino il più grande tifoso del nucleare e persecutore delle rinnovabili, il ministro Romani, è stato costretto ad ammettere che per sosituire l’energia elettrica eventualmente prodotta dalle centrali nucleari italiane basterebbe un po’ di pompaggio nelle centrali idroelettriche esistenti per farle lavorare sempre a pieno regime!

Infine i costi. Molte agenzie private e pubbliche (da Moody’s al Dipartimento Energia dell’Amministrazione USA) dichiarano senza ombra di dubbio che nel 2020 il nucleare sarà la fonte energetica più cara in assoluto!

La vittoria dei Sì all’abrogazione della legge che fa tornare il nucleare in Italia sarebbe un grande segnale anche per l’Europa ed il mondo sviluppato, che dopo il grave disastro di Fukushima si sta seriamente interrogando sul destino del nucleare.

Noi, in Italia, siamo fortunati e avvantaggiati. Perché non abbiamo centrali sul nostro territorio. E sostenere, come alcuni in malafede fanno, che averle oltre confine, di là delle Alpi, non diminuisce il rischio è una grande bufala. Fukushima lo dimostra ancora un volta: gli incidenti nucleari creano il massimo del disastro nel territorio circostante, più si è lontani più si riducono i danni.
Siamo fortunati e avvantaggiati perché non dobbiamo sopportare i costi del decommissioning di nuove centrali e dello smaltimento di sempre nuove scorie – per quelle vecchie continuiamo a pagare: solo l’anno scorso 280 milioni di euro.- Scorie per le quali nessun paese al mondo ha trovato una soluzione definitiva. Tutto ciò si traduce anche in un vantaggio economico perché, come ammette persino il ministro Tremonti, non dobbiamo portare sulle nostre spalle il debito nucleare. Liberi di questo fardello, possiamo perciò concentrare tutti gli sforzi del paese nella rivoluzione energetica, che si è già avviata; nello sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica; nella produzione distribuita e nella ricerca e innovazione. Tutti cavalli di battaglia, nei prossimi anni, per creare nuovi posti di lavoro e costruire nuove filiere industriali capaci di competere sui mercati mondiali. Anche perché la lotta ai cambiamenti climatici obbligherà tutti i paesi sviluppati ad impegnarsi su questi terreni.

Allora perché insistere? Una volta tanto vogliamo essere lungimiranti?
Mentre nel mondo ci si interroga su come uscire dal nucleare, qualcuno ci vuole obbligare a cascarci dentro.

Il referendum del 12 e 13 giugno è una splendida occasione di democrazia, per alzare la voce nell’interesse di tutto il paese.
Mettiamoci la nostra energia, costruiamo ovunque comitati referendari, lanciamo iniziative, facciamo circolare le informazioni: per smascherare i trucchetti dei nuclearisti e far capire cosa davvero è più utile, sicuro e conveniente per gli italiani.

Votiamo Sì per fermare il nucleare.

 

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