Ventisei anni fa, Thomas Sankara veniva assassinato
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Le Grand Soir, 25 ottobre 2013 (trad. ossin)
Circostanze da chiarire… Una popolarità sempre più vasta
Ventisei anni fa, Thomas Sankara veniva assassinato
Bruno Jaffré
« Il debito pubblico nella sua forma attuale, controllata e dominata dall’imperialismo, è una riconquista dell’Africa sapientemente organizzata, in modo che la sua crescita e il suo sviluppo obbediscano a delle norme che ci sono completamente estranee. In modo che ognuno di noi diventi schiavo finanziario, cioè schiavo assoluto, di coloro i quali hanno avuto l’opportunità, l’intelligenza, la furbizia, di investire da noi con l’obbligo di rimborso. »
(Thomas Sankara all’Organizzazione dell'Unità Africana)
« Per l'imperialismo è più importante dominarci culturalmente che militarmente. La dominazione culturale è la più flessibile, la più efficace, la meno costosa. Il nostro compito consiste nel decolonizzare la nostra mentalità. »
(Thomas Sankara)
La violenza dell’assassinio di Thomas Sankara è pari all’accanimento col quale i suoi assassini hanno tentato di infangarne l’immagine e cancellarla dalla memoria dei suoi compatrioti. E i tentativi di divulgare le circostanze del suo assassinio sembrano scontrarsi con forze potenti. Bisogna dire che piano piano si va affermando l’ipotesi di un complotto internazionale. In ogni caso Thomas Sankara è oramai entrato nel Panteon delle figure rivoluzionarie. Non solo è stato preso a modello da ampi settori della gioventù africana, ma è diventato anche una fonte di ispirazione per gli artisti di diverse discipline. Ritorno sul suo assassinio 26 anni dopo, e sulle attuali conseguenze.
Quel giorno, verso le quattro del pomeriggio, un comando di elementi della Sicurezza Presidenziale irruppe in una sala dove Thomas Sankara era in riunione coi collaboratori. Nel vederlo, sembra che Sankara abbia detto ai consiglieri: “Restate fermi, e me che vogliono”. Il comando, dopo avere ucciso due uomini, entrò nell’edificio, uccise Sankara e poi tutti i partecipanti alla riunione, a eccezione di uno solo che si finse morto.
Dopo quattro anni di una rivoluzione che aveva sconvolto il paese e il cui bilancio, oggi è chiaro, era considerevole, questo assassinio ha posto violentemente fine alla più importante esperienza rivoluzionaria del continente africano. E’ solo oggi, dopo il riflusso, che se ne riesce a misurare tutta l’importanza. La gioventù africana ha fatto di Thomas Sankara il suo eroe, come Che Guevara lo è stato per la gioventù impegnata sud-americana ed europea. Blaise Compaoré (nella foto) e i suoi compari, che organizzarono l’assassinio, consapevoli della grande popolarità del presidente assassinato, si affannarono a tentare di infangarne la memoria, a minimizzarne il bilancio.
I partigiani di Thomas Sankara, che non vollero o non poterono scappare, furono perseguitati e spesso torturati. Poco prima di questo tragico esito, Sankara aveva affrontato alcuni quadri della rivoluzione, molti dei quali lo erano diventati dopo la presa del potere. Essi volevano procedere a nuove purghe per “purificarla”. In realtà per meglio profittare dei vantaggi del potere, mentre Sankara, consapevole di un certo scoramento diffuso, voleva al contrario costruire un partito politico che mettesse insieme tutte le correnti rivoluzionarie nelle loro diversità, ivi compresi coloro che erano stati messi da parte o si erano ritirati per divergenze, e ciò per rafforzarsi e aprire poi il gioco politico.
Blaise Compaoré, nei cui confronti Thomas Sankara nutriva una fiducia cieca, ha cercato il sostegno dei settori dell’esercito che controllava e di questi rivoluzionari di circostanza. I più influenti tra coloro che hanno creduto che la rivoluzione stava continuando furono assassinati, gli altri si sono presto trasformati in cantori del liberalismo economico senza troppi scrupoli. La maggior parte di questi ultimi sono ancora al potere.
L’atmosfera pesante che precedette questo esito violento e inatteso fu caratterizzata da pseudo-divergenze tra i dirigenti della rivoluzione, in realtà in un discorso trovato di recente, ch’egli avrebbe dovuto pronunciare la sera del 15 ottobre, Sankara spiega che i suoi nemici erano incapaci di affrontare una discussione politica e di enunciare vere opinioni divergenti, parla di un certo scoramento di una parte della popolazione, di manovre di ogni genere, ma anche dell’organizzazione di una fronda contro Thomas Sankara stesso, che controllava personalmente il lavoro e l’impegno di ciascuno, quando non la moralità di tutti. Di che farsi molti nemici.
Un leader di importanza internazionale che dava fastidio
In seguito, poco a poco, si sono tuttavia delineati i contorni di un complotto internazionale. La semplice analisi politica della situazione internazionale e il ruolo sempre più importante assunto da Thomas Sankara la rendono una ipotesi ben più che probabile. Per quanto leader di un piccolo paese, Thomas Sankara diventava sempre più popolare tra i giovani dell’intero continente, fino a creare inquietudini tra i leader dei paesi vicini che non esitava a chiamare in causa pubblicamente. E loro avevano cominciato a rifiutarsi di riceverlo nelle loro capitali, per evitare manifestazioni di sostegno a questo giovane leader sempre più imprescindibile quanto incontrollabile. Di più, Thomas Sankara aveva perfino trasferito alcuni dirigenti di istituzioni inter-africane, fino a quel momento intoccabili, per processarli a Ouagadougou dinanzi al Tribunale popolare della rivoluzione. La sua implacabile lotta contro la corruzione, lo slancio che aveva saputo infondere al suo popolo, che aveva rapidamente convinto della sincerità del suo impegno a costruire il paese, della sua integrità e che si era messo massicciamente al lavoro, costituivano un esempio del fatto che le cose potevano andare diversamente da come funzionavano nei regimi corrotti dei paesi vicini.
Un complotto internazionale si delinea poco a poco
Le prime inchieste giornalistiche già evocavano la tesi del complotto. Il giornalista Sennen Andriamirado, oggi morto, molto informato su questa rivoluzione e amico personale di Thomas Sankara, ha sviluppato questa tesi nei suoi primi articoli scritti dopo l’assassinio, per poi contraddirsi nel saggio pubblicato un anno dopo. Ancora, fin dal 1993, alcuni saggi di ricercatori universitari anglofoni avevano dato conto della presenza, all’epoca, in Burkina Faso di alcuni Liberiani. Formulavano l’ipotesi di una loro partecipazione all’omicidio di Thomas Sankara, cosa che altri lavori inglesi, successivamente, confermarono. Nel 2000, François Xavier Verschave, allora presidente dell’associazione SURVIE (1), nella sua voluminosa opera “Noir Silence” (Les Arenes) scrive a pag. 346 di “paradossali” relazioni franco-libiche : “L’eliminazione del presidente burkinabé Thomas Sankara ne ha costituito senza dubbio il sacrificio fondativo… Foccart e l’entourage di Gheddafi convennero nel 1987 di sostituire un leader troppo integro e indipendente, fino ad essere irritante, con un Blaise Compaoré infinitamente più disponibile a condividere i loro disegni. L’ivoriano Houphouet Boigny venne associato al complotto”.
In seguito varie altre testimonianze hanno confermato l’ipotesi del complotto internazionale e soprattutto un documentario italiano di Silvestro Montanaro trasmesso da Rai3 nel giugno 2009 (2). Diversi ex compagni di Charles Taylor affermano di essere stati in loco, ma riferiscono anche della partecipazione della Costa d’Avorio, della Libia, della Francia e della CIA statunitense.
Le campagne per la verità e la giustizia si scontrano con l’indifferenza del comitato per i diritti dell’uomo dell’ONU e col boicottaggio della Giustizia burkinabé
In Francia, appoggiati da una campagna di raccolta di firme (3) che chiedeva l’apertura di una inchiesta indipendente, i deputati dei Verdi e del Fronte della sinistra hanno reiteratamente chiesto l’apertura di una inchiesta parlamentare sull’assassinio di Thomas Sankara nel 2011 e nel 2012 (4).
Richieste che non sono state messe all’ordine del giorno dell’Assemblea Nazionale. Un’altra campagna, di iniziativa del CIJS (Campagne international Justice pour Sankara) era riuscita a ottenere che la vicenda fosse inserita nell’ordine del giorno del comitato per i diritti dell’uomo dell’ONU. Quest’ultimo, dopo avere nel 2006 dato parzialmente ragione alla famiglia, si è in qualche modo ricreduto nel 2008, considerandosi soddisfatto delle iniziative intraprese dallo Stato burkinabé. Nonostante quest'ultimo si fosse limitato solo a correggere il certificato di morte di Thomas Sankara, che aveva fino ad allora contenuto la menzione di decesso “per morte naturale”, e ad offrire del denaro alla famiglia, che aveva naturalmente rifiutato riaffermando il proprio desiderio di giustizia e di verità.
Nessuna inchiesta approfondita è stata fatta sull’assassinio di Thomas Sankara, nonostante l’apertura di varie inchieste in Burkina, nessuna delle quali ha prodotto qualche risultato. Tutte si sono scontrate con ogni sorta di manipolazione, dimostrando in questa vicenda la mancanza di indipendenza della giustizia in questo paese. L’attuale presidente, Blaise Compaoré, come anche il suo capo di stato maggiore particolare, Gilbert Diendéré, decorato con la Legione d’onore nel maggio 2008, sono fortemente sospettati di essere direttamente coinvolti nell’assassinio.
Un leader commemorato ogni anno in molti paesi
Se l’esigenza di giustizia a proposito dell’assassinio di Thomas Sankara è lontana dall’essere soddisfatta, la sua fama in Africa, ma anche in Europa e in America Latina, ha finito con l’infrangere ogni tentativo di infangare la sua memoria e il bilancio della sua opera. Numerosi saggi socio-politici sono stati già pubblicati in francese, molti dei quali scritti da burkinabé, e in italiano, mentre diversi sono in preparazione in inglese.
Ogni 15 ottobre vengono organizzate molte commemorazioni in tutto il mondo, per rendere onore alla sua memoria e al suo operato. Una trentina di associazioni terzomondiste organizzano ogni anno, intorno al 15 ottobre, una settimana contro il debito illegittimo e le istituzioni internazionali, giacché Thomas Sankara viene considerato dalla maggior parte di loro come un precursore della loro lotta. (5).
Il difficile emergere del “sankarismo” politico
In Burkina Faso, la gioventù impegnata più attiva, in mancanza di punti di riferimento e di personaggi simbolici, si abbevera al suo pensiero per lottare contro un governo in grande difficoltà. Molti partiti si ispirano al sankarismo e rivendicano la sua eredità. Ma le divisioni impediscono che il sankarismo politico possa davvero sbocciare pienamente. Il chiarimento procede infatti a lenti passi. In verità uno di essi cresce davvero, l’UNIR PS (Union pour la Renaissance/ parti sankariste), con quattro deputati, e in misura minore il Front des forces sociales, attualmente un po’in difficoltà, gli altri non raccolgono che poche persone, ed esistono solo nei comunicati diffusi di tanto in tanto dalla stampa. Per contro numerose associazioni giovanili nascono in tutta l’Africa. L’ultima in ordine di tempo, “La scopa cittadina”, creata solo qualche mese fa, si ispira direttamente alla sua opera. A iniziativa di due musicisti popolarissimi in Burkina, Sams’k Le Jah e Smockey, ha dimostrato un grande dinamismo, imponendosi come il principale organizzatore delle cerimonie del 15 ottobre a Ouagadougou al fianco dei partiti sankaristi più discreti.
Una fonte di ispirazione per molti artisti di diverse discipline
Molti musicisti, alcuni molto noti come Tiken Jah Fakoly, o Didier Awadi, parlano di Thomas Sankara durante i loro spettacoli, quando non compongono canzoni a lui direttamente dedicate. Alcuni grafici riproducono la sua immagine in tutti gli stili. Ma anche dei coreografi, come Serge Aymé Coulibaly o Auguste Ouedraogo, hanno creato degli spettacoli per rendergli omaggio. Anche la letteratura, come nel caso di Jean Billeter, Koulsy Lamko o Jacques Jouet – per non citarne che qualcuno – gli ha dedicato delle opere.
Sono stati prodotti molti documentari, alcuni dei quali più volte trasmessi in televisione, e tradotti in diverse lingue. Citiamo “Thomas Sankara” di Balufu Bakupa-Kanyinda, il precursore che non è riuscito a completare l’opera, ma anche “L’homme intègre” di Robin Shuffield, “Fratricide au Burkina, Thomas Sankara et la Françafrique” di Thuy Tien Ho, o il più recente “Capitaine Thomas Sankara” di Christophe Cupelin che ha avviato una promettente tournée di festival.
E tra queste produzioni, impossibile non citare il film “Sur les traces de Thomas Sankara”, in due parti di quasi due ore, assai completo, anch’esso tradotto in diverse lingue, realizzato in proprio dall’associazione Baraka e che è stato proiettato in diversi paesi, e “Sankara dans mes rimes” del giovane e molto promettente regista burkinabé Jean Baoui Ziba Camille che fa una rassegna delle parole degli attuali artisti africani su Thomas Sankara.
Nei prossimo futuro certamente si moltiplicheranno le produzioni di fiction, come il nuovissimo “Twaaga” di Cedric Ido che ha avviato una tournée di festival di cortometraggi. Oltre al profilo politico, la storia di Thomas Sankara, e questa storia di amicizia tradita, hanno tutti gli ingredienti di una grande tragedia romanzesca.
Thomas Sankara è dunque diventato allo stesso tempo un punto di riferimento di integrità, di probità, di impegno e di strategia per i rivoluzionari, una fonte di ispirazione per gli artisti di diverse discipline, il precursore delle lotte ecologiste e di un modello di sviluppo autocentrato per i cittadini alla ricerca di una alternativa al modello liberista, una figura di riferimento per i terzomondisti che lottano per il non pagamento dei debiti illegittimi e, ancora, un esempio per i giovani privi di riferimenti, di modelli, di figure in cui identificarsi e di esempi da seguire.
Note :
[1] http://www.survie.org
[2] vedere il film
[3] vedere : http://www.thomassankara.net/spip.php?article866
[4] vedere : http://www.assemblee-nationale.fr/13/propositions/pion3527.asp et http://www.assemblee-nationale.fr/14/pdf/propositions/pion0248.asp
[5] vedere : http://cadtm.org/Semaine-globale-d-action-contre-la,9433